sabato 1 ottobre 2011

Fughe - 3- la leggenda del re pescatore

Oggi voglio parlarvi della mia amica Leo e della leggenda del re pescatore.
Leo è un giovane virgulto appartenente a quella razza di donne che "non devono chiedere mai" perché, anche se non chiedono, qualche ubriacone gli racconta tutta la sua vita lo stesso: avrete già capito che sto parlando della migliore amica della razza umana, la barista.
E mica una qualunque: una che ti fa ridere mentre ti ubriaca.

Per venire al dunque, la signorina aveva quasi deciso che avrebbe messo su casa con il re pescatore: trattavasi del classico maschio alfa dominante, con scodazzo di amici al seguito, leggermente dispotico, naturalmente narciso, che come si evince aveva una passione per la pesca.
"All'inizio non era male, sai", mi raccontava Leo davanti a una birretta "Mi portava in bei posti in mezzo alla natura e tutto sembrava romantico, pensavo alle grigliate di pesce e alle gite sul lago. Poi ho iniziato a capire..."

Cosa...?

Durante le prime gite la suddetta, rapita dall'aria pura - per chi non lo sapesse, se sei abituata ai gas di scarico troppo ossigeno può dare alla testa -, girovagava per il lago di Como attendendo che gli uomini avessero finito di dedicarsi ai loro pesci: infatti, rapiti da buddhisti silenzi, gli uomini lasciavano la barista a scorazzare sola per i campi per ore. Questo, probabilmente, a causa di qualche shock freudiano da bambini.

Si sa, le donne sono pazienti. Ma col tempo Leo scoprì, nell'ordine, che:
- il pesce del re pescatore non si poteva mangiare: bisognava ributtarlo subito in acqua, usare delle esche apposite per non incorrere in penalità e non ferire la boccuccia di rose della trota salmonata. Addio grigliate.
- lei non sarebbe mai salita sulla barchetta molto english country del suo king fish: aveva due posti, uno per lui e uno per il compagno di pesce. Addio romantiche gite sul lago.
- lei doveva, semplicemente, pascolare da sola per giorni e, al ritorno dei nostri eroi, sorbirsi le bestemmie degli amici pescatori, tanto silenti proprio perché è meglio che non aprano bocca.

Un bel giorno, mentre spiegava al suo compagno perché quel pesce - con cui le stava massacrando gli attributi - si chiamava "trota volante" (leggi: fece volare la trota sul muso dell'uomo), osò chiedergli la macchina per andarsene.
Lui rispose: "Ti serve proprio?"
"Mi serve proprio?!?!"
No, amore mio, ma figurati!, stavo solo realizzando che mi trovo in una palude medievale con il vincitore del trofeo del cafone e i suoi allegri amici, che quando aprono bocca Marilyn Manson urla "sacrilegio!"; consideravo che qui non passano gli autobus, i telefoni non prendono e siamo a 15 chilometri dalla prima stazione dei taxi. Può mai servirmi la macchina?

No: non le serviva proprio. Leo se la fece a piedi.

Quindici chilometri di imprecazioni dopo, la fanciulla trovò un passaggio. Da parte di un uomo con cui oggi convive da due anni.
Il cornuto re pescatore ovviamente non la rivide mai più... ma si può definire cornuto uno a cui hai appena lanciato una trota volante in faccia? O forse, nonostante l'attenzione fosse monopolizzata dalle esche per non far male alle triglie, gli era avanzato un neurone per capire che era stato scaricato?

Ora, io mi chiedo: sono solo io a vedere qualcosa di freudiano in questo sconfinato, incondizionato, amore per i pesci?

3 commenti:

  1. Io non colgo l'elemento freudiano...si quello della tediosità..funny!

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  2. Ahah io sì invece!
    E per giunta Freud studiò anche i testicoli delle anguille, consiglialo al pescatore (ovviamente su un biglietto anonimo) visto mai dovesse trovare un modo "altro" d'usare i pesci!!!

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  3. @Sunshine: tedioso sì, lo deve essere stato proprio, anche se adesso ci ridiamo sopra!

    Walk: O_O i testicoli delle anguille?!? Per Dio, riferirò!

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